ALEX FEDELE EP.#24 - IL PARCHEGGIO DEI MISTERI, Capitolo I - Un caso nel buio

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MatteoDelpiero10
view post Posted on 14/4/2012, 15:30




CAPITOLO I – Un caso nel buio

Due giorni dopo l’avventura della “Karen” i notiziari nazionali, non parlavano d’altro. Enrico Bascia e Lucas Merota erano stati condannati per direttissima, con quest’ultimo che aveva infangato il nome della polizia italiana. Tuttavia, l’aria di sfiducia che si era diffusa a livello popolare, non era stata ancora soppiantata e onestamente facevo fatica a vedere un livello gradevole di chiarezza in quella spiacevole foschia di Giustizia diradata.
Nei giorni scorsi Flavio mi aveva chiesto sempre più spesso particolari sulle parole che Elisabetta Criota mi aveva rivolto, quasi fosse curioso di ciò che dicono i criminali in punto di morte. Il dialogo era stato sempre iniziato da lui e finito da lui. Non me ne vogliate, ma ebbi la netta impressione che Flavio stesse nascondendomi qualcosa. Avete presente quei presagi che vengono quando sei sicuro di avere ragione? Quelli mi stavano distruggendo, almeno psicologicamente parlando. Era evasivo, schivo, abbastanza infastidito dal discorso quando era lui stesso a voler raccogliere informazioni. Comunque pensai che Flavio fosse strano semplicemente per indole naturale.
Dopo un po’ che vivi insieme a lui, ti abitui a delle intemperanze che non avresti mai potuto vivere con un’altra persona. E’ fatto così, è particolare.
Quel pomeriggio avevamo appena finito di pranzare. Flavio se ne stava appollaiato sulla sua sedia in ufficio in attesa che un caso gli cadesse addosso. Io dal canto mio, davo una sfogliata ai quotidiani della mattina.
Bianca era uscita con Andrea per andare al centro commerciale. Sergio era in ufficio e trascriveva alcune relazioni burocratiche. Com’era solerte quel ragazzo! Aveva una vera e propria adorazione per Flavio, che abbinata alla sua simpatia naturale, lo rendeva abbastanza godibile.
Il telefono dell’ufficio di Flavio, un reperto archeologico risalente ai tempi del buon Marconi, cominciò a suonare violentemente. Altro che sveglia al mattino … era questo quello che ci voleva per alzarmi dal letto.
«Detective Flavio Moggelli, al suo servizio». Ecco, quando risponde così al telefono è tutta scena.
Dall’altro capo del telefono si udiva una voce giovanile, maschile, che farfugliava qualcosa a proposito di un parcheggio.
«Sì, veniamo immediatamente» mormorò Flavio a voce bassa. E poi riagganciò.
«Chi era?» domandai.
«Uno che vende gelati … ma dico, secondo te chi era?».
«Dimmelo tu» dissi ridendo.
«Non prendermi in giro, maleducato!».
«Addirittura? Dai seriamente, chi era?».
«Il portinaio di un condominio situato in periferia ha chiamato per avvisarmi della morte di uno degli inquilini della palazzina. Ha detto di aver già chiamato la polizia, e di aver già chiesto del dipartimento omicidi».
«Niente male» osservai. «Il compare è fan di saghe gialle?».
«Non so ma se l’è cavata bene».
Quindici minuti dopo ci eravamo diretti in un parcheggio sotterraneo situato all’interno di un viottolo che portava ad un condominio a sette piani, completamente dipinto di verde. Il cemento usato per l’edificio era sporcato e segnato dagli anni, il parcheggio era quasi completamente vuoto, fatto eccetto per due auto, una Fiat Punto di vent’anni prima ed una Fiat Uno della stessa epoca.
Un ometto sul metro e sessanta, con baffetti folti e curati e con capelli leggermente ondulati, ci venne incontro agitando vistosamente le mani.
«Eccovi, finalmente!». Doveva essere il portiere che aveva chiamato.
«Mi chiamo Giorgio Barnetti, sono il portiere del condominio. Vi ho chiamato per l’omicidio … » era agitato, quindi Flavio lo stoppò subito.
«Si calmi» gli disse in tono autoritario. «Io, Flavio Moggelli, sono qui a sua disposizione». Tossii per fargli capire di presentarmi, ma nulla. Che gentilezza.
«Chi è la vittima?» domandai.
«E tu cosa vuoi ragazzino?». Un uomo sulla quarantina, con capelli corvini ondulati e tirati in alto, mi aveva rivolto la parola associando al tutto uno sguardo spocchioso e antipatico.
«Ispettore Pesca!» affermò Flavio.
«Flavio Moggelli» disse dopo una pausa di qualche secondo. «Cosa ci fai qui? Ti hanno mandato ad indagare su un furto di polli?».
«No, indago su un omicidio. E tu invece? Hai perso il brillantino all’orecchio e allora lo cerchi qui?». Entrambi si rivolsero dei sorrisi falsamente amichevoli. C’era un’aria sicuramente pesante.
«Veniamo a te ragazzino» continuò l’uomo «non è un posto per te questo. Solo gli autorizzati possono … ».
«Sta con me» disse Flavio.
«Sta con te? Ti porti fuori i poppanti adesso?».
«Il poppante» dissi mentre gli tendevo la mano «si chiama Alex Fedele e fa il detective» gli dissi rivolgendomi a lui e accennando ad un sorriso.
«Tsk! Che tempi. Non dirmi che sei uno di quelli che il ministero ha reclutato sotto raccomandazione dei dipartimenti cittadini?».
«Sì, sono del PSD e le posso assicurare di non aver avuto nessuna raccomandazione. Il commissario Marbelli, di servizio a Fondi, ha avuto modo di collaborare diverse volte con il sottoscritto e si dia il caso che abbia notato in lui un certo senso di intuito. Tutto è rimasto tranquillo finché non è nato il PSD. Siccome lo stato cercava promesse nel settore detective, Marbelli mi ha iscritto al corso di istruzione della professione e successivamente… ».
«E quindi se qui a Torino con Moggelli … non è vero?» disse stizzito. «Fammi capire. Cosa ti hanno fatto fare in quel corso? Prove di intuito? Casi simulati?».
«Niente di tutto questo. Solo cose teoriche poco importanti. Ovvero, “che cos’è il detective”, oppure “come l’ordinamento lo stabilisce e disciplina”. Poi hanno parlato dei vari casi che potremmo trovare nella nostra carriera, ma non ci hanno detto come risolvere il problema. Ce l’hanno solo presentato. Ad esempio casi di omicidio, furto, rapimento».
«In pratica non avete fatto un accidente».
«Esattamente. Onestamente penso che non mi servisse sapere cosa fosse un detective o in quali situazioni avrei potuto trovarmi. Per quelle esistono i film polizieschi».
«Già. Quindi in questo corso nemmeno lezioni del tipo “rigor mortis”, oppure altre nozioni come la decomposizione o i modi per commettere un delitto … ».
«Niente di niente. Solo teoria sulla figura del detective. Le circostanze, per lo più burocratiche che possono presentarsi e infine qualche piccola nozione sulle forze dell’ordine italiane».
«Capisco. Be’, vedi di non intralciarmi il lavoro. Ispettore Arturo Pesca, squadra omicidi del dipartimento di polizia di Torino» affermò con fierezza mentre incrociava le braccia.
Rimasi di sasso. Pesca mi sembrava più un complessato che un tutore dell’ordine. Era sempre scrupoloso in quello che faceva, agiva con la pignoleria di un professore frustrato ed aveva come unica forma di cortesia un sorriso da schiaffi.
«Non farci caso» mi disse Flavio avvicinandosi mentre Pesca ispezionava il corpo. «Ha 37 anni e si atteggia come se ne avesse 90. Crede di essere ad un livello superiore, quando non ha capito che ne ha ancora di strada da fare!».
«Che vuoi dire?».
«Era in servizio anche quando ero ancora in polizia il sottoscritto, ma era un semplice agente, Anche allora però si dava tante arie e non sono mai stai rari i suoi battibecchi con i colleghi. La verità è che è sempre stato un raccomandato e sempre lo sarà».
«E pensare che dava del raccomandato a me fino a pochi secondo fa».
«Già. Forse ha dimenticato che suo padre è uno degli italiani più facoltosi quotati a Wall Street. Il signor Girolamo Pesca, è un imprenditore nel campo televisivo all’estero. E’ produttore di numerose serie tv comiche di successo che vanno in onda anche qui da noi. Praticamente è sfondato di soldi. Sai, Pesca ha voluto entrare in polizia solo sette anni fa. Il suo paparino realizzò il suo sogno immediatamente. Qualcuno dice che ha corrotto il dipartimento nazionale, altri che se lo sia meritato sul campo … ».
«E tu cosa pensi?» gli chiesi lisciandomi i capelli e mandandomeli all’indietro.
«Che Arturo Pesca sia un uomo comune, come tutti gli altri. E’ sicuramente capace, ma se non fosse stato per suo padre a quest’ora lo avremmo trovato disoccupato sul ciglio di un marciapiede di periferia. E non per necessità, ma per scelta. Ha una scarsissima attitudine al lavoro. Ora basta parlare però … occupiamoci del caso».
 
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