ALEX FEDELE EP.#18 - CONFUSIONE E SEDUZIONE, Capitolo II - Riflessioni a ritroso

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MatteoDelpiero10
view post Posted on 20/3/2012, 17:46




CAPITOLO II – Riflessioni a ritroso

Vincenzo Ducato, seguito a ruota dall’agente Silvio Torchi, fecero il suo ingresso, spingendosi a forza tra la folla di curiosi che si erano creati sul pianerottolo dell’abitazione. Ducato aveva i classici sintomi dell’uomo stressato, del professionista instancabile. I solchi che gli marcavano il viso, erano evidenti e davano la vista su occhi segnati dalla stanchezza, e dal troppo caffè bevuto per rimanere a forza sveglio anche di notte.
«Allora, cosa succede qui?» chiese adirato. Classico.
«La signora … signora, non le ho ancora chiesto qual è il suo nome» disse Flavio voltandosi verso la colf.
«M-mi chiamo Emilia Gacione, sono la donna delle pulizie incaricata di occuparsi di questo appartamento. Stamattina ero venuto per il consueto appuntamento settimanale, ma appena aperta la porta …» scoppiò in lacrime, ponendosi le mani davanti agli occhi. Faceva male vederla così. Sembrava una tranquilla signora.
«Quindi lei ha trovato il cadavere …» si lasciò andare Ducato.
«Sì ispettore» rispose affermativamente la donna.
«Bene, può dirmi se ha notato qualcosa di strano nel comportamento della vittima ultimamente? Definisca il suo rapporto con … ». Ducato non finì la frase che la donna cambiò espressione e atteggiamento.
«Non starà mica sospettando di me!?».
«No di certo signora Gacione, ma come potrà ben capire, l’ispettore» cercò di tranquillizzarla Torchi «deve fare le stesse domande a tutti».
Dopo un attimo di tentennamenti, la signora Gacione, ricominciò a parlare, forte di non essere il sospetto numero uno.
«Io ero in ottimi rapporti con il signor Lescano. Pulivo l’appartamento da almeno due anni, e quando venivo qui, finivamo sempre per chiacchierare. Era tanto un caro ragazzo!» affermò nostalgica. Le tempie imbiancate della signora Gacione, parevano mostrare segni di instabilità. Non la smettevano di tremare.
«Ha notato qualcosa di strano nel comportamento della vittima?» le chiese ancora Ducato.
«Nessun comportamento anomalo. Giusto ieri, avevo confuso il giorno di pulizia dell’appartamento. Sono arrivata qui ed il signor Lescano mi ha comunicato il mio errore. Prima di andar via, abbiamo parlato come sempre e mi è parso perfettamente normale».
«Capisco» intervenne Flavio. «E le ha detto qualcosa di importante? Se avesse litigato qualcuno, per esempio?».
La donna guardò con i suoi occhi grandi Flavio. Poi si leccò le labbra e si schiarì la voce. «Scusi, ma chi è lei che si permette di farmi queste domande?». Che caratterino.
«Detective Flavio Moggelli. Risponda per favore».
«Be’ ecco … effettivamente ieri il signor Lescano era arrabbiato per due liti che aveva avuto nei giorni scorsi, ma non tanto da togliersi la vita!» sbottò.
«Mi sa dire con chi ha litigato il signor Lescano?».
«Mi pare … sì, mi ha detto di aver avuto una violenta discussione con un suo collega … e poi anche con quella Giulia … la sua ragazza».
«Lei conosce queste persone?».
«La signorina Giulia sì. Il suo collega, che ha chiamato Walter, non l’ho mai visto».
«La ringrazio per aver collaborato signora» disse Silvio Torchi.
«Di nulla, ci mancherebbe. Posso andare?».
«Per adesso meglio di no. Non fraintenda, ma è meglio che resti a disposizione per ulteriori chiarimenti» ultimò l’agente Torchi.
«La vittima» disse entrando nella stanza un agente della scientifica «si chiamava Nicola Lescano, aveva trentuno anni e lavorava presso un’agenzia di recupero crediti. Come da disposizione, abbiamo già chiamato i due sospettati, ai quali siamo risaliti grazie ad alcuni appunti di Lescano. Walter Civelli e Giulia Morali, saranno qui a momenti. Secondo i nostri primi esami, il decesso risale a ieri sera, tra le diciannove e le diciannove e trenta».
Nel frattempo, Ducato aveva analizzato il corpo e tutto ciò che derivava da esso. Aspetti importanti e determinanti, come la posizione ad esempio.
«Mi sembra un normale suicidio» sentenziò.
«Non vorrei contraddirla ispettore» dissi intervenendo zelante «ma non c’è nulla di normale in questo apparente suicidio».
«Cosa intendi?».
«Guardi i dorsi delle mani. Ci sono dei solchi di violenza alle mani. Se il nostro uomo fosse stato un autolesionista, la cosa parrebbe normale, ma non credo proprio».
Ducato si fermò a pensare.
«Inoltre» continuò Flavio «perché suicidarsi quasi completamente nudo?».
«Questo è strano davvero» ultimò Ducato.
«Insomma, non volevo dirlo» commentai «ma credo che il nostro uomo sia stato indotto a compiere questo gesto da qualcuno». Rimanemmo a pensare.
«Tu dici che l’hanno minacciato, Alex?»mi domandò Silvio Torchi.
«Forse con un’arma» osservò Flavio.
Trenta minuti dopo, Walter Civelli, un uomo sulla quarantina, con grossi e spessi occhiali da vista neri corvini e capelli ingrigiti dal tempo e Giulia Morali, una ragazza di vent’anni con capelli biondo platino, abbigliata a festa con tacco dodici,misero piede nell’appartamento. Entrambi si dimostrarono sconvolti per il ritrovamento del cadavere. Entrambi versarono lacrime su lacrime.
«Fatemi capire bene» iniziò Civelli sbottando «mi avete fatto venire qui nel mio giorno libero, per vedere un cadavere ed incolparmi di omicidio? Ma siete matti?».
«Nessuno la incolpa di nulla signor Civelli, stia pacato» lo fermò Torchi.
«Condivido con Walter» disse con un’aria snob e naif, Giulia Morali. «Stavo studiando per l’esame di chimica!».
«Ci vorrà solo un attimo» commentò Ducato. «Il tempo di capire e carpire alcune cose di voi e da voi». Poi si lisciò la barba incolta e i baffetti trascurati «Cominciamo da lei signor Civelli. Ho saputo che aveva avuto una grossa lite con il signor Lescano l’altro giorno. Posso sapere il perché?».
«Quindi sospetta di me? Io sono innocente! Vuol sapere perché abbiamo litigato? Il signor Lescano, come lo chiamate voi,» disse ironizzando «non autorizzava mai i miei cambi lavorativi. Stessa cosa ha fatto l’altro giorno. Così mi sono arrabbiato molto e abbiamo litigato. Ma non sarei mai stato capace di ucciderlo, sia chiaro!».
«Passiamo a lei signorina Morali. Lei è la fidanzata della vittima. Ha avuto anche lei un piccolo screzio con Lescano, non è vero?».
«Questo non dimostra nulla ispettore» disse continuando a masticare la gomma in modo poco signorile. Sembrava una capra che masticava l’erba. Un minimo di bohèmièn, voglio dire.
«Non prova nulla» continuò passandosi la gomma dall’altra parte. «Avevamo litigato perché continuava a rinviare le nozze. Era la terza volta che rinviava e così due giorni fa l’ho mandato a quel paese». Che finezza questa donna, non è vero?
«Avreste dovuto sposarvi quindi?» chiese Flavio.
«Certo. Era da tre anni che stavamo insieme».
Qualcosa non quadrava. C’erano davvero delle cose che non erano andate come dovevano.
«Dobbiamo verificare anche i vostri alibi signori. Signor Civelli, credo tocchi a lei. Il decesso è avvenuto ieri sera, tra le diciannove e le diciannove e trenta. Dov’era?».
«Sul posto di lavoro, ma ero solo. Non c’è nessuno che possa confermare».
«Nemmeno un filmato? Ho saputo che lavora in un’agenzia di recupero crediti, ci sarà una telecamera di sicurezza credo».
«C’è sicuramente».
«Benissimo» disse Ducato con gli occhi abbassati. «Ma non c’è nessuno, fisicamente parlando, che possa confermare quanto lei dice?».
«Purtroppo no, ero solo».
«Mi scusi, ma cosa ci faceva da solo sul posto di lavoro?».
«Uff … avevo dimenticato una cosa lì. Così sono andato, ho riaperto la porta dell’ufficio e ho ripreso quello che dovevo riprendermi. Contento?».
«Per quanto riguarda lei signora Morali» iniziò l’agente Silvio Torchi impugnando penna e bloc notes. «Ha qualche alibi?».
«Ieri sera ero in biblioteca. Prendevo i libri per studiare per l’esame di chimica».
«Capisco».
«C’è qualcuno che può confermare l’alibi signorina?».
«Purtroppo no».
Aveva mentito. Tipico di chi uccide. Ero convinto che il suicidio non fosse stato naturale. Troppe cose non coincidevano. Avevo capito perché la vittima si fosse spogliata e perché le sue mani fossero state legate. Avevo capito anche che la donna aveva mentito, ma mancavano ancora due elementi. Come fosse riuscita a indurre al suicidio quella povera vittima e soprattutto la dinamica generale dei fatti. E i solchi sulle mani? Gli elementi erano tre adesso.
Ispezionai un po’ la casa, mentre i due sospettati discutevano sulla loro innocenza. Uno dei due, la signorina biondo platino, aveva mentito alla grande. La sera prima non poteva esser stata alla biblioteca, visto che Bianca e Andrea alla stessa ora, l’avevano trovata chiusa. I sospetti che lei fosse l’assassina del suo ragazzo crescevano a dismisura dentro di me, ma preferii stare zitto … almeno inizialmente.
Mi diressi dentro lo studio della vittima. Era una piccola stanzetta, ma era stata arredata con un buon gusto. Le pareti, erano state impreziosite con uno spatolato verde smeraldo. Il mobilio era efficace ed elegante allo stesso. La scrivania, perfettamente in ordine, era l’esatto opposto di quella di Flavio.
Mentre camminavo, la fortuna mi arrise. Dalla libreria, colma di storie gialle e thriller, spuntava un fascicolo, una sorta di foglio vecchio e srotolato, che, per amor di giustizia rifiutava la sua naturale collocazione casalinga.
Presi questo foglio lontano da occhi indiscreti e lo distesi sulla scrivania. Era un atto di eredità. Un tale Gastone Lescano lasciava quattro appartamenti e ben due auto d’epoca a suo figlio Nicola. In cambio però, suo figlio avrebbe dovuto intraprendere un viaggio in tutta Europa e scoprire chi fosse la sua madre naturale. Che stranezza. L’ultimo segreto colmo di peccato lussurioso, lasciato dal padre al figlio prima di morire. Aveva un non so che di gotico. Il problema è che probabilmente il colpevole aveva indotto al suicidio la vittima minacciandola con un’arma , ma quest’ultima non era stata trovata, nonostante la scientifica avesse messo a soqquadro l’intero appartamento.
Mi affacciai alla finestra. Il panorama dava sulla strada trafficata. Vidi dei bambini di strada giocare a pallone. Avete presente quei palloni arancioni? Pensate a come è strana la vita a volte e come è strano il mondo. Se ad uno appena sveglio mettessero davanti un arancia probabilmente non la distinguerebbe da uno di quei palloni. Ci vorrebbero almeno una decina di secondi. Che strano.
Mi sentii strano dentro. Forse era quello che stavo cercando. Forse sarei dovuto uscire in strada e offrire ad ognuno di quei bambini un gelato per ringraziarli dello spunto deduttivo che mi avevano assicurato. Ora sapevo come incastrare il colpevole. A noi due.
 
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