ALEX FEDELE EP.#17 OSTAGGI AL CENTRO COMMERCIALE, Capitolo III - Peli di cane

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MatteoDelpiero10
view post Posted on 16/3/2012, 14:11




CAPITOLO III – Peli di cane

Una donna, quella di poco prima, incinta, cominciò a singhiozzare in modo violento.
«Bene, una volontaria già ce l’abbiamo. Signora, lei sarà la prima a venire con me».
«No!» urlò quest’ultima tra le lacrime. Ma poco dopo si avvicinò. Lo sguardo del bastardo, valeva più di mille parole.
«La seconda vittima sarà … sarà … quella sorta di ritratto umano. Vieni qui Mr. Tatuaggio».
Il ragazzo si avvicinò lentamente, quasi conscio del destino che stava per giocargli un brutto scherzo.
«E la terza ce l’abbiamo già qui, signori e signore. E’ la fidanzatina dell’eroe che voleva sorprendermi alle spalle, e che ora se la sta facendo sotto dalla paura». Indicò prima Bianca, pronunciando la parola “vittima”, e poi successivamente guardò imperterrito me, per il resto del discorso.
«Bianca no! E’ mia amica!» mio fratello attirò l’attenzione del bruto, che si inginocchiò davanti a lui e gli disse: «le cose non vanno sempre come vorresti. Ringrazia il cielo che io ti risparmi bimbetto». La faccia di mio fratello si contorse in una espressione cattiva, intonsa dagli scrupoli. Se avesse avuto un arma, avrebbe premuto il grilletto.
Ok, è arrivato il momento. Precedenza alle signore, quindi … » puntò la pistola verso la donna incinta, che pensò di ripararsi la pancia con le mani.
«Aspetta!» urlai.
«Cosa diavolo vuoi?».
«Io … avrei una richiesta». Mi avvicinai lentamente con le mani alzate.
«Sentiamo» disse il bastardo con aria dipinta da un ghigno benigno.
«Io soffro di cuore. Di attacchi cardiaci molto forti. Quindi mi chiedevo se potessi … ecco … uccidere me al posto di queste persone».
«Ah ah! E perché dovrei farlo?».
«Be’ ecco». Crollai a terra, con la mano che si torceva la parte sinistra del petto, a simulare un attacco cardiaco.
«Ah!» dissi urlando a più non posso. Dovevo inventarmi qualcosa. Anche a costo di morire io stesso, non potevo far uccidere quattro persone, compreso il bambino che stava per nascere. Così, finsi di avere problemi cardiaci, finsi di contorcermi.
«Vedi … ah!» continuai nella recita fingendo fortissime fitte. «Fammi fuori, sparami adesso. Tanto non potrò vivere a lungo. Sparami … in fronte … ah!».
«No Alex!» Bianca si era alzata e con le lacrime agli occhi si contorceva il viso.
«A-allora? Vuoi farmi fuori, sì o no?» chiesi al rapinatore.
«Silenzio» chiese il barbuto rapinatore con violenza. «Vuoi venire tu con me all’altro mondo eroe? Ne sei sicuro?».
«Certamente … » dissi finendomi dolorante.
«Dammi una buona ragione per la quale dovrei farlo, idiota».
«S-sei … ah! … sei sposato no? Ho visto la fede. Pensa a cosa … a cosa penserebbe tua moglie dopo la tua morte. Sarebbe incolpata di avere un marito assassino di un quadruplo omicidio. Invece così … sarà incolpata lo stesso … ma almeno diranno che ha ucciso un povero malato che voleva un po’ di sollievo dal suo cuore stanco».
Queste parole lo colpirono. E senza dire una parola, caricò la Beretta R93.
«Ok. Ti piace fare l’eroe … » disse ironizzando. Potete andare tutti dall’altra parte e assistere all’esecuzione» concluse in modo quasi trionfante.
Ero a pochi centimetri dalla Beretta e tra pochi secondi, il buio mi avrebbe avvolto. Ero a pochi centimetri anche dal cane. Quello che mi serviva per sfuggire dal buio. La signora anziana mi guardava in modo stupido. Passò neanche un secondo, quando urlai a più non posso e saltai addosso all’anziana signora. Balzai all’indietro e la colpì con un placcaggio in stile football, scaraventandola a terra, e cercando di parargli la testa con le mani. La signora, per forza di cose, dovette lasciare la presa del cane, che si avventò sul rapitore e cominciò a morderlo ovunque. Il bastardo urlava a più non posso. Mollò la pistola, che fu subito raccolta da Mr. Tatuaggio. Gli urlai di lanciarmela e lo fece. Fortunatamente non sparò nessun colpo.
«Ora sei sotto controllo!» gli urlai. Poi dissi alla cassiera di lanciare l’allarme.
Il cane non mollava ancora la presa. Mi scusai con l’anziana signora per il placcaggio, ma le dissi che era stato necessario. Dal canto suo, la donna, dopo avermi schiaffeggiato per qualche secondo, mi ringraziò di avergli risparmiato una brutta fine e così fecero anche gli altri. Bianca, non appena si riprese psicologicamente dallo shock, venne da me e mi abbracciò forte, dondolandosi al mio collo. Versava ancora lacrime.
«Oddio! Ho temuto davvero il peggio!» continuava a ripetere.
«Su, è passato. Non piangere, sennò mi commuovo anch’io e faccio la figura dello stupido» le dissi carezzandole la testa e stringendola forte a me.
Mio fratello riabbracciò Bianca. Quindici minuti dopo, la polizia arrivò al centro commerciale e arrestò il rapinatore barbuto. Il suo nome era Federico Montanari, aveva quarantaquattro anni, una figlia di tre anni, sposato da cinque e ricercato da venti per spaccio di droga. Voleva suicidarsi perché aveva fallito una missione per il suo capo, e quest’ultimo, gli aveva promesso che lo avrebbe fatto fuori non appena si fosse distratto. Stando alla sua confessione, non ce la faceva più a convivere con quel peso addosso.
Tornammo a casa in macchina. Andrea si addormentò sul sedile posteriore.
Ascoltammo i Bon Jovi in auto. Flavio ne era un fan accanito. E piacevano anche a me. Sulle note di “Livin’ on a Prayer”, Bianca cominciò a parale, con la paura che le attanagliava la gola e che l’avrebbe fatto per almeno una settimana, o più.
«Dimmi un po’ … hai fatto agire il cane perché lo hai visto feroce, non è vero?».
«Nient’affatto» dissi bisbigliando.
«E allora … ?».
«Non l’hai notato? Eppure era vicino a te. Il rapinatore ha sicuramente un cane a casa. Di grossa taglia».
«Ma … come fai ad esserne così sicuro?» chiese stupita.
«Un cane normale, anche il più feroce, avrebbe abbassato la guardia ad un certo punto. Ma il comportamento di Omar, quel pastore tedesco, mi aveva insospettito. Continuava ad abbaiare. Il fatto è che i cani, quando annusano il pelo di un esemplare più grande di loro, entrano subito in competizione con quest’ultimo. Abbaiano, reagiscono male e diventano intrattabili. Il nostro rapitore aveva continuato a subìre le ire del cane nonostante le minacce … e la conclusione più ovvia è stata che avesse dei peli di cane sulla giacca. La signora lo teneva stretto, per paura che commettesse qualche sciocchezza, ma non aveva capito che proprio quel cane, fino a quel momento malvisto da mezzo centro commerciale, avrebbe potuto salvarci la vita fin dall’inizio».
«Sorprendente!» esclamò «Ma perché hai finto quell’attacco di cuore?».
«Se non ci si ingegna, è finita» commentai ridendo «Tutti hanno un cuore, anche i criminali. Ed ho provato a toccarlo su ciò che pensavo avesse più importanza per lui … la sua famiglia, naturalmente».
«Capisco … Be’ bravo … » cercò di dire in tono serio. Ma si vedeva un miglio che i suoi occhi provavano gioia e commozione in modo totale.
«Ti ringrazio».
«Figuriamoci! Adesso non te la credere troppo. Ho notato che sei leggermente presuntuoso!» disse ridendo.
«Presuntuoso io?» domandai incredulo.
«Già, non l’avevi notato?».
E continuammo per un po’. Si chiamano punzecchiamenti, e mi piacciono molto. I punzecchiamenti reciproci sono straordinari. Non come l’angoscia. La stessa angoscia che aveva quasi fatto commettere un omicidio ad un criminale, padre di famiglia.

 
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