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One Called Kurt
view post Posted on 1/4/2024, 00:39 by: One Called Kurt
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CITAZIONE (Ston™ @ 30/3/2024, 02:09) 
JJ non ha aspettato 3 giorni per dire la sua versione.

JJ ha scritto sulla sua pagina Instagram il pomeriggio successivo alla partita e solo perché Acerbi ha cambiato versione dei fatti per due volte in 12 ore.

Ripeto che, anche se giuridicamente non è corretta la scelta di lasciare correre il tutto, si è fissato un paletto chiaro: se non hai prove certe, ma solo congetture non condanni, ma non punisci neppure per mancanza di prove.
Questo non significa che Acerbi non abbia fatto o detto quello di cui viene accusato. Semplicemente non si sono trovati riscontri che oltre ogni ragionevole dubbio condannano l'accusato.

In quanto all'intervista del CDS: ma non era uno di quei giornaletti spazzatura al pari di TS?
Ora però si eleva il rango di rispettabilità....

E acerbi farebbe meglio a smetterla di fare la vittima....stai a vedere che tra qualche giorno, la stampa nemica della squadra di acerbi, riesce a far diventare colpevole Juan Jesus...

- 3 giorni forse no, ma ti sorprenderà nel sapere che, sorpresa sorpresa, ha parlato prima Acerbi di Jesus.

Ancora questa storia del "Acerbi ha cambiato versione"...Mi dici gentilmente queste due versioni?

- Forse sarebbe meglio che Jesus la smettesse di fare la vittima, perchè per colpa della sua mentalità stile Vinicius, che vede e sente razzismo anche in pasticceria, sta rovinando la vita e la carriera ad un esempio di umanità come Francesco Acerbi. Perchè guai a pensare di dare ragione ad Acerbi, il "carnefice", il "bianco razzista", sia mai...Se io fossi Acerbi, farei partire una sequela di denuncie tali da sfamare un paese intero.

- Corriere della Sera, non Corriere dello Sport. Quest'ultimo, assieme a Tuttosport, è troppo impegnato a chiedere ogni giorni ad Acerbi di "chiedere scusa", continuando ad alimentare un caso di razzismo che non esiste, o meglio, che esiste solo nella mente (o nelle orecchie) di Jesus.

E visto che ci sono, posto in spoiler qui sotto alcuni tratti dell'intervista.

Come non mai, buona lettura:

Francesco Acerbi, dopo più di dieci giorni nella bufera e dopo l’assoluzione dalle accuse di razzismo, come si sente?
«Sono triste e dispiaciuto: è una vicenda in cui abbiamo perso tutti. Quando sono stato assolto, ho visto le persone attorno a me reagire come se fossi uscito dopo dieci anni di galera, molto contente di essere venute fuori da una situazione del genere: sono state giornate molto pesanti».

Perché parla solo oggi?
«Perché avevo fiducia nella giustizia e non volevo rischiare di alimentare un polverone che era già enorme. Adesso che c’è una sentenza, vorrei dire la mia, senza avere assolutamente nulla contro Juan Jesus, anzi è il contrario perché sono molto dispiaciuto anche per lui. Ma non si può dare del razzista a una persona per una parola malintesa nella concitazione del gioco. E non si può continuare a farlo anche dopo che sono stato assolto».

La sentenza non è stata una liberazione?
«Lo è stata, ma nella liberazione sono comunque triste per tutta la situazione che si è creata, per come era finita in campo, per come ci hanno marciato sopra tutti senza sapere niente. Anche dopo l’assoluzione ho percepito un grandissimo accanimento, come se avessi ammazzato qualcuno».

Il razzismo però è una piaga e il calcio viene accusato di non fare abbastanza per combatterlo.
«Ma questa non è lotta contro il razzismo, non c’è stato nessun razzismo in campo e io non sono una persona razzista: il mio idolo era George Weah e quando mi fu trovato il tumore ricevetti una telefonata a sorpresa da lui che ancora oggi mi emoziona».

Se non è lotta al razzismo, allora cos’è?
«Si sta solo umiliando una persona, massacrando e minacciando la sua famiglia, ma per che cosa? Per una cosa che era finita in campo e nella quale il razzismo non c’entra nulla. Il razzismo purtroppo è una cosa seria, non un presunto insulto».

Lei che ha avuto un cancro e una recidiva si è mai sentito discriminato?
«Certo, per questo ritengo che se uno sbaglia è giusto che paghi, come io ho pagato la multa quando ho mostrato il dito medio ai tifosi della Roma che mi urlavano “devi morire”’. In migliaia lo gridavano a me, che sono guarito due volte da un tumore e che sono testimonial dell’Airc».

È stato più complicato gestire questa vicenda rispetto alla malattia?
«Non c’è paragone, quella in confronto è stata una passeggiata, non ho avuto paura. Invece l’accanimento atroce che ho visto nei miei confronti in questi giorni mi ha ferito. Ho fatto tanto per togliermi l’etichetta che avevo quando ero più giovane e diventare un esempio di costanza e professionalità e ho rischiato di perdere tutto in un attimo».

Ha temuto per il prosieguo della sua carriera?
«Se ti danno dieci giornate e passi per razzista cosa fai? Poteva succedere qualunque cosa: sarei stato finito non come calciatore, che mi interessa fino a un certo punto, ma come uomo. Tutti avevano già emesso la sentenza prima ancora che uscisse. E per tanti sono razzista anche adesso: sinceramente non ci sto, le gogne mediatiche non vanno bene e soprattutto non servono per risolvere un problema come quello del razzismo che sicuramente esiste. E che non intendo sminuire nemmeno un po’: voglio che sia chiaro».
 
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